Due anziane sorelle riflettono su passato e presente nella quiete silenziosa di una vecchia casa della campagna trevigiana. L’accidentale caduta da un albero di una ha fermato lo scorrere veloce del quotidiano riportando entrambe, non solo metaforicamente, alle radici, in una dimensione temporale immanente in cui affiorano i volti muti e i luoghi sbiaditi contenuti in polverosi album di fotografie.
Si fa strada in loro un ineludibile desiderio di ridare voce a quei volti e significato a quei luoghi attraverso la narrazione, unica traccia che resterà delle loro vite. Ne escono racconti sparsi, come pezzi di mosaico che ricompongono un’immagine: quella di una famiglia degli anni Sessanta del Novecento nel Veneto che, lasciatosi alle spalle la guerra vissuta dalle precedenti generazioni, si avvia con entusiasmo e fiducia verso il boom economico. Narrano episodi familiari e avvenimenti storici al ritmo di un calendario fatto di Natali, Carnevali e feste di famiglia. Sullo sfondo, una società in veloce cambiamento che si allontana progressivamente dalle proprie radici, dal senso e dai sentimenti a cui le anziane sorelle, di quando in quando, pacatamente invitano i nipoti (ai quali sono dedicati i racconti) a far riferimento come guida nelle scelte della vita.
“La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo”
Pavel Florenskji
