Libri dell'autore
Figli della stessa madre
Giovanni Canzoneri
pagine: 90
La poesia è essenziale, la poesia spoglia l’eccesso per cercare la parola giusta, il senso che chiarifica.
La poesia apre mondi di senso, di consapevolezza improvvisa e lo fa toccando corde intime.
Quando un componimento parla proprio a te, alla tua pancia e al tuo cuore, è come se pompasse più forte il sangue nelle vene.
È come la primavera: risveglia!
Per questo la poesia civile, politica, impegnata, o come la si voglia chiamare, è un dono, perché per sentirla basta mettersi in ascolto e arriva diretta con le sue verità, le sue crudità e denunce. Eppure abbiamo disimparato a fare memoria e a costruire lotte sociali anche attraverso di lei.
Sembra esserci sempre meno tempo, meno spazio, meno orecchie per questa arte in un’epoca che corre veloce.
Abbiamo dismesso e dimenticato i cantanti di strada e i declamatori da osteria, da casa del popolo, da manifestazione.
Eppure qualcuno ha resistito, qualcuno è ancora tra noi.
Giovanni ad esempio, il cantore che brinda alla memoria con il bicchiere della staffa; il compaesano che trovi nei luoghi dell’incontro solidale a incartare la farina con un po’ di storie; il militante che con le parole rivoluziona il sentire. Un tutto di mondi che incontriamo nei suoi componimenti, nati dall’urgenza di non scordare che sotto ai piedi abbiamo radici da innaffiare e da curare.
(dalla prefazione di Gemma Bigi)
Sonetti ribelli
Giovanni Canzoneri
pagine: 72
La sua poesia non è per tutti, non perché sia complicata o “dialettale” (per usare un termine stupendo che è stato ribaltato di senso e stravolto fino a tramutarlo in accezione negativa), ma perché fa male. È una poesia che straccia le consuetudini, che induce, obbliga a riflettere, graffia il foglio fino a comprimerlo e incendiarlo. Le grammatiche stesse della poesia classica non sono un appannaggio del poeta Canzoneri; in lui vi è ricerca libera, libertaria, senza orpelli didattici o indottrinanti. Già il titolo dell’opera Sonetti ribelli indica in modo esplicito il suo poetare. I suoi sonetti non seguono le regole della metrica, non hanno un dogma ridondante esclusivistico di ardua comprensione, non hanno strutture delineate da angoli di fogli didattici, ma sono voli pindarici completamente in balia dei venti; quindi liberi nell’espressione più “illegittima”. Non sono composti da quattordici versi, non sono endecasillabi, non sono divisi in due quartine e due terzine, non seguono uno schema di rime... Insomma, si rifiutano di sottostare ai canoni convenzionalmente imposti.
La rivolta dei santi e altri racconti
Giovanni Canzoneri
pagine: 82
“Quannu era picciutteddu, durante le vacanze estive passavo due settimane a casa dei miei nonni materni a Campofelice di Roccella, nell’attesa delle ferie di mio padre. […] Le giornate a Campofelice passavano allegramente fra giochi e racconti paesani, fino a quando un giorno feci una scoperta. Sotto il letto nella ‘stanza dei cherubini’ trovai una valigia di cartone risalente all’unico viaggio negli States che i miei nonni fecero anni addietro. […] Tornai nella casa dei nonni per l’ultima volta nell’agosto del 2006. […] Salite le scale, arrivai nella famosa stanza dei cherubini; di colpo mi ricordai della valigia, mi misi faccia bocconi davanti al letto e allungai il braccio. Era ancora lì. La presi con la solita accortezza e la aprii: era tutto come l’avevo lasciato, […] poi mi apprestai a chiuderla come facevo da picciriddu pensando che qualcuno potesse arrivare, ma qualcosa lo impediva. Riaprendola, mi accorsi che dalla tasca interna, nella parte superiore della valigia, fuoriusciva un quadernino. Incuriosito, lo presi e cominciai a sfogliarlo. Era un manoscritto intitolato La rivolta dei santi e altri racconti, quattro in totale, e nella prima pagina una scritta: ‘A te, scopritore di codesti scritti. Un sol desio chiedo solamente, quello di divulgarli alla gente’.
Non so chi sia l’autore o se le storie riportate siano veritiere, è un quesito che mi porterò dietro per sempre... e con me, anche voi tutti”.