Non si tratta di autobiografia, perché l’autobiografia si concentra sugli episodi e sugli eventi. Non si tratta neanche della scrittura come metabolizzazione o elaborazione del lutto. Si tratta invece di ciò che rimane dopo aver usato la materia prima metabolizzata. Non credo ci sia nulla di più chiaro di quanto espresso da Rimbaud con l’esempio della quintessenza. Gli episodi e gli eventi ci sono come noi li abbiamo coltivati, li abbiamo sottoposti a distillazione-metabolizzazione, che può essere anche un procedimento non scritto, ed ecco infine le gocce che scendono dall’alambicco. Questa è la scrittura di queste pagine. Che non sono un romanzo, lineare o circolare che sia, perché gli episodi-eventi sono trans-curati. Che non sono poesia, non tanto per l’assenza di rima e ritmo, quanto perché distesa è la scrittura di quelle gocce. Che non sono un saggio perché, pur procedendo in modo euristico, non sostengono una tesi né più tesi, ma raccontano un percorso. Viene alla mente il bel libro di Semprun, L’écriture ou la vie, ma quel libro appartiene al sacro e queste pagine al profano. Alla fine comunque Semprun sceglie la scrittura, facendo suo l’insegnamento di Levi. Ancora il sacro. Queste pagine non scelgono la scrittura rispetto alla vita. Sostengono, anzi pretendono, che la scrittura sia tout court la vita. E lo possono fare perché sanno di appartenere al mondo profano, rispettando la sacralità degli autori citati a cui sanno di non potersi nemmeno lontanamente avvicinare.
Biografia dell'autore
Emilio Sisi
Professore di Letteratura e Storia in Licei italiani, francesi e brasiliani è autore di varie pubblicazioni con particolare riferimento al tema della complessità (La poesia costruisce l’IO, Dentro la rete: la Storia e il pensiero complesso, 12 lezioni di Storia: flussi, Amore e complessità). Finalista della Sezione Saggi del Premio Città di Castello 2018 con “I cipressi di San Cornelio”.